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Dal 23 al 26 gennaio si è svolto a Porto Alegre (Brasile) il forum sociale tematico su “Crisi capitalista, democrazia, giustizia sociale ed ambiente”. Le centrali sindacali brasiliane hanno dedicato una giornata alla riflessione sul rapporto tra democrazia e lavoro dignitoso.

Il tema che ha accompagnato i numerosi seminari del Forum Sociale Tematico – dal 23 al 26 gennaio scorsi a Porto Alegre (Brasile) – è stato il rapporto tra modello economico, istituzioni e democrazia.

Presenti tante realtà di base e movimenti sociali brasiliani, delegazioni di giovani, donne e indigeni da Uruguay, Argentina, Paraguay, Cile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Messico, Canada. Sparuta, ma ben motivata la rappresentanza di realtà associative dagli altri continenti, in particolare dal Nord Africa e dal Medio Oriente.

Le sei centrali sindacali brasiliane (CUT, Forza Sindical, CTB, CGTB, UGT, NCS), oltre a movimentare la tradizionale marcia di apertura, hanno organizzato una giornata di dibattito sul tema “democrazia e lavoro dignitoso” a cui hanno partecipato delegazioni sindacali di Venezuela, Repubblica Dominicana, Ecuador, Argentina, Uruguay, Spagna e Italia (CGIL).

Si è così discusso in tre diversi seminari di democrazia, sviluppo sostenibile e libertà di associazione. Quest’ultimo, rappresenta un tema centrale in molti paesi dell’America Latina dove l’iscrizione al sindacato ed il suo riconoscimento sono ancora regolamentati da codici corporativi che limitano e condizionano negativamente l’esercizio della libertà sindacale.

Ma la tematica che ha acceso i dibattiti al Gazometro (la ex Centrale del Gas, oggi spazio culturale e sede degli eventi del social forum di Porto Alegre), è stata l’irruzione nel contesto sociale brasiliano delle proteste sociali del giugno scorso, meglio conosciute come la protesta del “pass livre” (trasporto gratuito) a San Paolo, ma poi sfociata in manifestazioni spontanee di strada e, in alcuni casi, manovrate da movimenti radicali e dalla stampa conservatrice contro il governo di Dilma Rousseff.

Sindacati, organizzazioni di base, reti e movimenti hanno discusso con i rappresentanti del governo centrale e di quello regionale, in modo animato ma molto civile, individuando una comune convergenza di pensiero e di azione sui limiti strutturali dell’attuale processo di democratizzazione brasiliano. Un processo economico e sociale che, in tre mandati elettorali, ha raggiunto importantissimi risultati sul piano della lotta alla povertà e dell’inclusione sociale, coniugando l’aumento della ricchezza con una maggiore redistribuzione e giustizia sociale. Ma, incapace di affrontare ed attuare le riforme strutturali di cui la società brasiliana (ma possiamo dire, latinoamericana in generale) ha bisogno: riforma agraria, riforma del sistema elettorale, riforma del sistema dei mezzi di comunicazione, riforma fiscale e del codice del lavoro. Denunce fatte proprie dallo stesso partito della Presidente Roussef, il PT (Partido dos Trabalhadores) che nel novembre scorso, a seguito delle proteste di piazza, ha deciso di lanciare una campagna nazionale, rilanciata durante il forum sociale di Porto Alegre di questi giorni, per richiedere una nuova assemblea costituente incaricata di cambiare l’attuale sistema politico, causa di concentrazione del potere e di corruzione. Ed è su questo punto che sembra rinsaldarsi l’alleanza tra movimenti sociali (donne, giovani, campesinos, indigeni, lavoratori e lavoratrici), istituzioni democratiche e forze politiche.

Un esempio di rispetto reciproco, di capacità di ascolto e di democrazia partecipativa che conferma il ruolo guida del Brasile, del suo povo (popolo) e delle sue istituzioni democratiche e popolari.

La dimensione internazionale del forum è stata caratterizzata dalla presenza delle delegazioni dei paesi delle rivoluzioni arabe e della Palestina rinsaldando il forte legame di solidarietà e di impegno del movimento internazionale a favore delle rivendicazioni e dei diritti di queste popolazioni.

di Sergio Bassoli – Dipartimento Politiche Globali – CGIL