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16/12/2013  Si è riunito lo scorso 11 dicembre il Tavolo Interistituzionale sull’aiuto pubblico allo sviluppo (APS). Si tratta di una iniziativa promossa dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) del Ministero degli Affari esteri (MAE) finalizzata al coordinamento delle politiche pubbliche e private in materia di cooperazione internazionale, per la messa in pratica del “sistema paese”. Riportiamo la nota del Dipartimento politiche globali della CGIL (Leopoldo Tartaglia e Sergio Bassoli )

Sui è riunito lo scorso 11 dicembre il Tavolo Interistituzionale sull’aiuto pubblico allo sviluppo (APS). Si tratta di una iniziativa promossa dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) del Ministero degli Affari esteri (MAE) finalizzata al coordinamento delle politiche pubbliche e private in materia di cooperazione internazionale, per la messa in pratica del “sistema paese”. L’iniziativa è nata sotto la breve esperienza del Ministro Riccardi (governo Monti), promuovendo tre gruppi di lavoro: coerenza delle politiche, post 2015 (valutazione del raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e Agenda successiva), partenariato pubblico-privato nelle politiche di sviluppo. Il Tavolo ha visto l’adesione e la partecipazione di diversi ministeri:Esteri, Economia, Ambiente; del sistema della cooperazione decentrata: Regioni, Provincie e Comuni; delle associazioni imprenditoriali: Confindustria, Cooperative, ENI; del sistema universitario; di CGIL, CISL, UIL; delle ONG di sviluppo, e del Terzo Settore; del CNEL.

L’attuale governo ha voluto mantenere questa esperienza di coordinamento e di “sistema paese”, confermando i tre gruppi di lavoro che, nel corso del 2013, anche se con diversa intensità, hanno continuato ad operare, e convocando, quindi, la riunione annuale del Tavolo, presieduta dal vice-Ministro, con delega alla Cooperazione allo Sviluppo, Lapo Pistelli.

Alla riunione dell’11 dicembre, i coordinatori dei tre gruppi di lavoro hanno presentato un breve rapporto su quanto discusso ed elaborato nel corso del 2013. In realtà, il solo gruppo che si è riunito con una certa regolarità è stato quello sul “Post-2015 – MDGs/SDGs”.

La novità, presentata dal vice-Ministro Pistelli, è data dalla determinazione dell’attuale governo Letta ad attuare la riforma della Legge 49/87 che regola l’APS italiano, che da oltre quindici anni è stata oggetto di innumerevoli proposte di testi di riforma. Il Presidente del Consiglio ha inserito la riforma dell’APS nel programma di governo per il 2014. Il testo di riforma quello già noto agli addetti ai lavori, che verrà presentato dal Governo al Parlamento. Nella proposta del governo vi è la creazione di una Agenzia, vista come soluzione indispensabile per consentire una gestione agile e funzionale, come negli altri paesi europei.

Il vice-Ministro ha inoltre proposto di rendere più dinamico e strutturato il Tavolo Interistituzionale, recependo le richieste di tutti i partecipanti alla riunione, con eccezione del rappresentante del MEF, per dare un senso ed una utilità a questa istanza. Il Tavolo dovrebbe quindi avere una funzione non solamente di consultazione ma anche concertativa, nel pieno rispetto delle responsabilità e delle decisioni che corrispondono al governo.

In effetti, se si somma la difficoltà di partecipazione e di confronto con le scelte strategiche della cooperazione allo sviluppo italiana, con la scarsità di risorse disponibili, il quadro di riferimento di questo settore è veramente disarmante. Impossibile fare un paragone con quanto accade nei paesi dell’Europa a 15, dove strategie, strumenti, risorse, hanno tutt’altra storia rispetto al declino che dall’inizio degli anni novanta ha colpito l’APS italiano.

Un particolare interesse è stato dato al partenariato pubblico – privato all’interno dell’APS, come una nuova frontiera di investimento e di nuove soggettività. L’art. 7 della Legge 49/87 riconosce la costituzione di un Fondo per favorire gli investimenti nei paesi in via di sviluppo, attraverso la creazione di “joint venture” tra imprese italiane ed imprese locali, con la formula dei crediti d’aiuto. Possibilità che è stata oggetto di un articolo specifico nel decreto “del fare” del precedente governo Monti, che ha ampliato i settori di investimento, inserendo anche la sanità e l’educazione, con un riferimento affinchè ciò non sia utilizzato per delocalizzare produzione e servizi. In effetti, non si spiega il grande interesse da parte di alcune associazioni di categoria a legittimarsi come nuovi attori della cooperazione allo sviluppo, se non nella ricerca di nuovi finanziamenti per aprire nuovi mercati e nuove produzioni, viste le finalità profit e non filantropiche o solidaristiche dei propri associati.
Un tema, quello del partenariato tra privato profit e fondi pubblici per l’aiuto allo sviluppo, molto delicato e da non sottovalutare, viste le proposte che negli ultimi anni sono uscite dai summit internazionali, dove governi e agenzie di sviluppo hanno promosso la presenza dell’attore privato, inteso come impresa profit, quale nuova risorsa per lo sviluppo dei paesi poveri, con il rischio di vedere una ulteriore riduzione dei fondi pubblici per lo sviluppo, la privatizzazione dei beni comuni e dei servizi essenziali, la crescita economica senza diritti e misurata solamente sul prodotto interno lordo (PIL), quando non sui profitti privati.

Le intenzioni del vice-Ministro Pistelli sembrano essere sincere e orientate a valorizzare un comparto, la cooperazione allo sviluppo italiana, da anni bistrattato e saccheggiato di ogni risorsa e autonomia, in perenne attesa di una riforma e di un rilancio, per ora solo annunciati, che hanno però logorato
immagine e credibilità in sede internazionale.
Ora si annuncia la riforma entro il 2014, una programmazione strategica a 18 mesi, una maggiore concentrazione geografica, per rispondere alle osservazioni critichedella visita dell’OCSE/DAC, nuove linee guida per il periodo 2014 – 2016, adempimento degli impegni pregressi assunti nelle sedi internazionali, e la volontà di fare sistema.

Un programma ambizioso e di non facile applicazione, visti i tempi e l’attuale congiuntura politica, ma non esistono altre strade se si vuol togliere la nostra cooperazione allo sviluppo dal letargo in cui versa da troppo tempo. Ma sarà anche una sfida sui contenuti e sulla proposta di sviluppo che il “sistema Italia” vorrà dare nel contesto europeo e globale.
Dal nostro punto di vista, condiviso da ampi settori del mondo delle ONG, occorre ripensare il paradigma della cooperazione e dello sviluppo, mettendo al centro la crescita dei diritti universali, la promozione e creazione di lavoro signitoso, lo sviluppo sostenibile ed una nuova governance globale.
Se questo sarà l’orientamento, il Tavolo Interistituzionale diventerà un luogo di confronto e di elaborazione coinvolgente ed inclusivo. Se invece si limiterà allo scambio informativo, sarà l’ennesima occasione perduta ed il letargo proseguirà. Non ultimo, naturalmente, ad una nuova impostazione dovrà corrispondere un adeguato investimento di risorse pubbliche, verso quel 0,7% del PIL – già deciso nel 2000 – che oggi vede il nostro paese fanalino di coda nel mondo sviluppato con un misero 0,13%.