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L’urgenza del momento è costruire politiche di pace

Di fronte alle tragedie che colpiscono il Medio Oriente ed il Maghreb, alla disperazione che spinge
centinaia di migliaia di persone a sfidare la morte e ad affidarsi ai “mercanti di carne umana” per
attraversare il Mediterraneo; di fronte al cinismo dei governi europei che davanti alla morte di migliaia di
profughi continuano a cimentarsi in una gara di razzismo che alimenta odio e ingiustizie; di fronte alle
disuguaglianze e alla concentrazione di ricchezza nelle mani di una minoranza del pianeta; di fronte alla
violenza del terrorismo che colpisce civili inermi in Europa come in ogni parte; di fronte alla guerra
permanente, asimmetrica che arriva fino all’Afghanistan, all’Africa sub-sahariana, al Corno d’Africa compito
nostro – di associazioni, organizzazioni, movimenti, singoli cittadini e cittadine – è quello di rimettere in
campo un progetto politico di pace.
Lo sforzo che dobbiamo affrontare è grande, commisurato alla complessità della crisi attuale. Una crisi ulteriormente
aggravata dal ritardo, dall’incapacità o dall’assenza di volontà politica della “comunità internazionale”
e dei governi, impegnati solo a tutelare gli interessi dei grandi gruppi economici e finanziari, nonché
ostaggio di interessi geopolitici contrapposti e non più in grado di intraprendere una strada differente, che
non sia quella del ricorso alla forza, seppur celato sotto l’immagine di interventi umanitari.
La crisi è altrettanto aggravata dall’incapacità di cogliere il nesso profondo, ben messo in luce dai movimenti
che si sono mobilitati a Parigi in occasione della Cop 21 che: i signori della guerra sono anche i signori del
petrolio.
La guerra quindi permea ogni aspetto del dibattito culturale e politico, narrata come supposta guerra di religione,
(semplificazione colonialista per eccellenza) o guerra combattuta nel “fronte interno” attraverso la
militarizzazione delle frontiere o dell’ordine pubblico, produce la compressione progressiva dei diritti umani
e civili di migranti e rifugiati, o l’allargamento delle maglie dello stato di eccezione, proprio della deriva securitaria
nella lotta al terrorismo, a detrimento delle libertà e dello stato di diritto.
Particolarmente inquietante in questa crisi globale è il ruolo dei media, in gran parte tesi a disinformare e a
spaventare l’opinione pubblica, per costruire un consenso alle politiche di forza che propongono come chiave
di lettura lo scontro di civiltà. Lo abbiamo visto in occasione delle violenze di capodanno a Colonia, contro
le donne; a fronte di fatti tuttora molto confusi e incerti, i media occidentali hanno costruito campagne
xenofobe, con una cinica strumentalizzazione: ancora una volta il corpo e la soggettività delle donne diviene
terreno di battaglia e pretesto per politiche di aggressione.
Siamo dunque fortemente preoccupati/e che le guerre in corso, in Siria ed in Libia, vedano l’Italia coinvolta
in nuove coalizioni internazionali, nell’invio di nuovi contingenti militari in aree di guerra come a Mosul, in
Iraq, allontanando ulteriormente le prospettive di pace.
Sentiamo il bisogno urgente di “disarmare” il contesto politico, sociale, ambientale e culturale della guerra,
di mettere al centro del nostro agire politico la persona, non intesa come vittima della guerra o della scelta
migratoria, ma piuttosto come portatrice di diritti, protagonista e soggetto attivo, nella costruzione della
pace e di società democratiche, libere e giuste. Persone, uomini, donne, giovani ed anziani che nei teatri di
guerra costruiscono relazioni, praticano solidarietà, lanciano ponti, sfidano la logica della guerra con il dialogo
e la nonviolenza, dando vita ad una realtà che la violenza del contesto nasconde e fa sparire, e che sarà
nostro compito riportare al centro della discussione.
Vogliamo che Europa ed Italia cambino radicalmente le politiche verso i migranti e nei conflitti in corso, ma
dobbiamo e vogliamo essere protagonisti del cambiamento; la società civile, con le sue organizzazioni, è il
luogo deputato per elaborare le pratiche di pace, le uniche in grado di affrontare le vere grandi emergenze
globali: la fame, la povertà, i cambiamenti climatici, lo sfruttamento, la disoccupazione, le disuguaglianze.
La nostra iniziativa ed il nostro impegno non vivono nel campo astratto della rivendicazione ma chiamano
in causa direttamente il parlamento e il governo italiano, per richiamare ognuno alle proprie responsabilità,
svelando rischi e contraddizioni, riaffermando l’inderogabilità del principio che la guerra è pratica illegale.
E’ urgente avere risposte concrete ai drammi presenti e prevenire quelli futuri, identificando le soluzioni nel
solco della nostra Carta Costituzionale e del diritto internazionale.

APPELLO

L’ITALIA NON PUÒ E NON DEVE ESSERE COINVOLTA IN NUOVE GUERRE ( ART. 11 )
L’ITALIA NON PUÒ E NON DEVE ESSERE PROMOTRICE DI POLITICHE DI GUERRA.
L’ITALIA DEVE ACCOGLIERE E GARANTIRE DIGNITA’ A TUTTE E TUTTI, NATIVI E MIGRANTI

L’Italia deve dotarsi di uno strumento di difesa civile non armata e nonviolenta.
L’Italia deve attivarsi ed usare tutti i suoi strumenti diplomatici per l’applicazione del principio (previsto dal
diritto internazionale e dalla Carta della Nazioni Unite), di autodeterminazione delle popolazioni e delle comunità
locali.
L’Italia deve applicare le proprie leggi e cessare la vendita di armi ai paesi in guerra o che violano i basilari
diritti umani.
Italia ed Europa devono scegliere la neutralità, come condizione necessaria per poter svolgere un vero ruolo
di mediazione nei conflitti e di diplomazia di pace.
L’Italia deve esigere dal governo d’Israele il ritiro dalle colonie, deve riconoscere lo stato palestinese e si
deve impegnare per l’immediata ripesa del processo di pace.
L’Italia in sede europea ed in sede Internazionale deve agire per richiedere l’intervento dell’ONU, con una
doppia decisione in sede di Assemblea Generale e di Consiglio di Sicurezza, perché la lotta al IS/DAESH,
come alle altre forme di terrorismo internazionale e di guerre sono un problema globale di competenza del
Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea delle Nazioni Unite, non sono un problema di USA e di Russia per i
loro interessi di super-potenze.
La comunità internazionale, con mandato ONU deve quindi assicurare nelle modalità più opportune l’incolumità,
la sopravvivenza e la dignità delle popolazioni civili, con un piano internazionale di accoglienza e di
assistenza dei profughi e, dove necessario, con operazioni di polizia internazionale, sempre sotto comando
ONU. Deve inoltre attivare gli strumenti dell’embargo finanziario e commerciale togliendo le risorse vitali al
terrorismo ed all’avanzata dell’IS/DAESH, con sanzioni pesanti a chi infrange queste decisioni.
L’Italia deve riaffermare in sede internazionale l’urgenza di garantire sia il diritto a rimanere nel proprio
paese, con specifiche iniziative di cooperazione, sia il diritto alla mobilità, quello di emigrare, alle persone in
fuga dalle guerre e dalla povertà, attraverso canali umanitari sotto egida ONU, applicare immediatamente la
direttiva europea 55/2001, ed esigere un piano europeo per l’asilo, superando definitivamente i vincoli di
Dublino II.
L’Italia si deve impegnare perché l’Europa superi la ormai insostenibile distinzione tra profughi di guerra,
profughi economici e profughi ambientali.
L’Italia deve essere protagonista, nel Consiglio Europeo, di una iniziativa costante, capace di costruire
alleanze e spingere l’Unione a mettere in atto una politica estera che aggredisca le cause vere delle guerre,
del terrorismo, delle migrazioni bibliche.
L’Italia deve promuovere una politica di aiuti e di cooperazione condizionata al rispetto dei diritti umani e
non viceversa condizionata ai respingimenti ed ai rimpatri.
L’Italia deve imporre, anche in sede europea e internazionale, l’affossamento di processi come quelli di
Rabat e di Khartoum che non solo rafforzano dittature crudeli, ma preludono ad una esternalizzazione delle
frontiere, a campi di raccolta dei profughi in paesi terzi dove la sicurezza delle persone non è affatto
garantita, ad un innalzamento delle barriere della Fortezza Europa che segnerebbero la sconfitta della sola
idea di Unione che può risultare valida, quella dei popoli.
Per questa Italia lavoriamo.
Cantiere contro la guerra, il razzismo e i predicatori d’odio. Per la pace e l’umanità

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