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Il sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale in ER

In occasione della Giornata Mondiale del rifugiato, che ricorre lunedì 20 giugno, Cgil, Cisl e Uil dell’Emilia-Romagna visiteranno alcuni Centri di accoglienza della nostra regione.
Negli ultimi due anni, i sindacati hanno mantenuto con la Regione Emilia-Romagna un confronto periodico sull’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, dal quale è recentemente scaturito un documento di valutazione e proposte, che hanno l’obiettivo di contribuire alla costruzione di un’accoglienza sempre più inclusiva.

La nostra è una Regione virtuosa, con una sistema di accoglienza che funziona e con buoni standard qualitativi, a partire dall’ hub regionale di via Mattei, dalla quale sono passate più di 12000 persone dal 2014 ad oggi, con una media di 20 giorni di permanenza. “Non possiamo che ricordare la scelta di chiusura dei due Cie operativi a Modena e Bologna, scelta che si è rivelata fondamentale per la costruzione dell’attuale sistema di accoglienza. Tali chiusure, operate dal Ministero dell’Interno, sono state anche il frutto del protagonismo del sistema delle Autonomie Locali direttamente coinvolte, della Regione e delle Organizzazioni sindacali confederali, nella convinzione che, nel caso dei Cie, si fosse di fronte a strutture degradate, inadeguate e nelle quali non erano garantiti i diritti umani.

Ad ogni livello del sistema di accoglienza è infatti necessario garantire trasparenza, legalità, diritti delle persone accolte e diritti del lavoro di chi opera nelle strutture”. I dati relativi alle strutture di accoglienza dell’Emilia Romagna indicano la netta prevalenza delle presenze nelle strutture temporanee in capo alle Prefetture (Cas), rispetto al sistema Sprar. Anche per questo motivo, attualmente l’accoglienza ha servizi e livelli qualitativi non omogenei, in particolare per quanto riguarda il supporto a percorsi di inclusione sociale, come la mediazione linguistico-culturale, l’orientamento e informazione legale o i servizi per l’inserimento lavorativo.

Rispetto all’inserimento lavorativo, i sindacati sottolineano la problematica di chi, in possesso di un titolo di soggiorno per protezione internazionale o per motivi umanitari, esce dai Centri di accoglienza e rimane privo di mezzi per il sostentamento, oltre a non essere stato nel frattempo inserito in alcun percorso di inclusione sociale. Esattamente la condizione che si è verificata al termine della “emergenza nord-Africa” del 2011, con la differenza che stiamo parlando di numeri molto più elevati e, in prospettiva, probabilmente crescenti.

Una soluzione è certamente anticipare le attività rivolte all’inserimento sociale e lavorativo già nella prima fase di accoglienza e che una presa in carico e assistenza che prosegua anche oltre la conclusione dell’iter della domanda di asilo: “Bisogna lavorare in modo intersettoriale, individuando gli strumenti più adatti tra quelli già disponibili nella nostra realtà regionale. Pensiamo ad esempio alla recente legge regionale 14/2015 a sostegno dell’inserimento lavorativo delle persone in condizione di fragilità; per l’accoglienza abitativa per tutti i rifugiati, invece, se i posti Sprar saranno insufficienti, si potrebbero studiare e approfondire – sulla base delle esperienze delle Agenzie per l’affitto e di housing-first – l’organizzazione di piccoli gruppi in coabitazione presso abitazioni date in locazione da privati o la possibilità di costruire progetti per l’utilizzo dei beni confiscati alla mafia”.

Cgil, Cisl e Uil considerano la rete SPRAR il punto cardine del sistema di accoglienza dei rifugiati: si impegnano pertanto a sostenere tutte le strategie che mirano ad incentivare la partecipazione ai bandi Sprar da parte degli Enti locali della nostra Regione che in questo momento non hanno in attivo posti Sprar, per evitare concentrazioni in pochi Comuni e promuovere un’accoglienza il più possibile distribuita e di qualità.

Le OO.SS ritengono, infine, fondamentale la concertazione tra Istituzioni (Regione, Enti locali, Prefettura), Parti sociali e Associazionismo sul tema dell’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. “L’esperienza fatta con l’Accordo regionale di collaborazione per la realizzazione di attività di volontariato da parte di persone inserite in programmi di accoglienza (settembre 2015), può costituire un modello applicabile anche ad altri aspetti.  La Regione ha assunto un ruolo di coordinamento e regia, che riteniamo efficace per affrontare al meglio situazioni di emergenza spesso soggette a cambiamenti non prevedibili. Un sistema di accoglienza che veda l’approfondimento, la riflessione, l’apporto positivo di diversi componenti istituzionali e della società civile, aumenterebbe non solo la qualità, ma anche la visibilità e la trasparenza degli interventi, contrastando la diffusione di semplificazioni e generalizzazioni, se non di vere e proprie disinformazioni, che alimentano tensioni e insicurezza nella popolazione”.