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La necessità di un radicale cambio di politiche per la creazione di lavori dignitosi, come urgente priorità per lo
sviluppo globale, è quanto emerge dal dettagliato Rapporto sulle Tendenze Globali dell’Occupazione 2014,
presentato in questi giorni dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Il Rapporto sulle tendenze globali dell’occupazione 2014 (Global Employment Trends 2014 – Risk
of a jobless recovery? ) dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, International Labour
Organisation) disegna uno scenario cupo e basato su dati 2013 allarmanti, come l’aumento di 5
milioni del numero di disoccupati, che arriva a 202 milioni, per un tasso del 6% su scala mondiale;
circa 23 milioni di lavoratori che hanno abbandonato il mercato del lavoro; un tasso di
disoccupazione giovanile che va oltre il 13%, più del doppio del tasso generale globale, e che
rappresenta in termini assoluti 74,5 milioni di disoccupati sotto i 25 anni; 839 milioni di persone
che vivono con meno di 2 dollari al giorno e circa 375 milioni di lavoratori che vivono con le loro
famiglie con meno di 1,25 dollari al giorno, soglia di povertà assoluta. Questi ultimi sono diminuiti
solo del 2,7% a livello globale, una delle percentuali più basse degli ultimi 10 anni, fatta eccezione
per quelli immediatamente successivi all’inizio della crisi.

Nei paesi in via di sviluppo, il lavoro informale resta diffuso e il percorso verso un miglioramento
della qualità dell’occupazione rallenta. Ciò significa che meno lavoratori riusciranno ad uscire dalla
condizione di povertà da lavoro.

La ripresa globale dei mercati del lavoro è frenata dal deficit della domanda aggregata. In molte
economie avanzate, la drastica riduzione della spesa pubblica e l’aumento della tassazione sul
reddito e sui consumi ha gravato pesantemente sulle imprese private e sulle famiglie. Inoltre, la
mancanza di coordinamento strategico tra politiche monetarie e fiscali ha accresciuto in maniera
sostanziale le incertezze sul mercato del lavoro, con gli imprenditori spesso reticenti ad assumere
o a fare investimenti di lungo termine.

La durata della disoccupazione si è allungata in maniera considerevole. In alcuni paesi come
Spagna e Grecia, le persone in cerca di un lavoro hanno bisogno del doppio del tempo per trovare
una nuova occupazione rispetto al periodo pre-crisi.
I profitti dati dall’andamento positivo di diversi settori nel 2013 hanno ancora alimentato i mercati
finanziari a discapito dell’economia reale, pregiudicando le prospettive occupazionali a lungo
termine.
200 milioni di nuovi posti di lavoro saranno creati da qui al 2018, se si seguono gli attuali ritmi.
Questo è un dato ampiamente insufficiente ad assorbire il numero crescente di ingressi nel
mercato del lavoro.

Guy Ryder, Direttore Generale dell’ILO ha anche in quest’occasione sottolineato l’impellente
necessità di un ripensamento delle politiche: “Sono necessari maggiori sforzi per accelerare la
creazione di posti di lavoro e sostenere le imprese che creano occupazione”.
Guardando alle singole aree regionali, va ancora rilevato che nelle economie avanzate e
nell’Unione Europea (UE), le condizioni del mercato del lavoro non hanno visto segnali di
miglioramento sul versante occupazionale nel corso del 2013, nonostante ci sia stata una ripresa
delle attività. La qualità del lavoro nella maggior parte dei paesi della regione è peggiorata a causa
dell’ulteriore aumento dell’incidenza del lavoro temporaneo involontario e part-time, della
povertà da lavoro, del lavoro informale e delle disuguaglianze di reddito. La fragilità della ripresa è
in parte dovuta al perseguimento delle politiche di austerità nella regione, in parte alle particolari
caratteristiche della crisi, ovvero una forte espansione dei prezzi dei beni e degli investimenti
immobiliari.

Nei paesi dell’ Europa centrale e sudorientale (paesi non UE) e della Comunità di Stati
Indipendenti (CSI), la diminuzione della disoccupazione, che aveva registrato il suo picco massimo
nel 2009, ha invertito il suo andamento nel corso del 2013.
In America Latina e nei Caraibi, la crescita dell’occupazione continua invece ad essere più rapida
dell’aumento della forza lavoro. Nel sudest asiatico e nel Pacifico, il tasso di occupazione è
aumentato dell’ 1,6% nel 2013 e nei prossimi anni dovrebbe superare la crescita della popolazione
in età da lavoro.

Nell’Asia del sud, i mercati del lavoro continuano a registrare enormi aree di informalità nel
settore agricolo, con i lavoratori che percepiscono salari estremamente bassi e sono privi di
protezione sociale.

In Medio Oriente e nel Nord Africa, nel 2013 il tasso di crescita economica è stato troppo basso
per creare posti di lavoro sufficienti ad una popolazione che aumenta rapidamente, mentre la
disoccupazione continua ad essere la più elevata al mondo.

Nell’Africa sub-Sahariana, le opportunità di lavoro retribuite sono scarse e il tasso di occupazione
vulnerabile, al 77,4 % nel 2013, è il più elevato tra quelli registrati.

Gli autori del Rapporto ribadiscono che una virata verso politiche più favorevoli all’occupazione e
a un incremento dei redditi da lavoro rafforzerebbe la crescita economica e la creazione di posti di
lavoro. Nei paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo, è cruciale rafforzare i sistemi di
protezione sociale di base e promuovere transizioni verso l’occupazione formale, poiché così si
sosterrebbero la domanda aggregata e la crescita globale.
Secondo il Direttore Generale questo quadro chiaramente “mostra che la creazione di lavori
dignitosi è la priorità più urgente per lo sviluppo globale. Questo dovrebbe essere il perno
dell’agenda per lo sviluppo quando la comunità internazionale adotterà i nuovi Obiettivi di
Sviluppo post 2015”.

Il Rapporto è interamente scaricabile in inglese all’indirizzo:
http://www.ilo.org/global/research/global-reports/global-employment-trends/2014/WCMS_233953/lang–en/index.htm

di Silvana Cappuccio – Dipartimento Politiche Globali – CGIL